L. - C'? altro? Non hai finito d'impinzarmi di bubbole? Suvvia, quanto di devo dare per il tuo disturbo?
A. - Ne ho ancora per altri cento pi? furbi di te! Vogliam vedere che mai ti predicano le viscere di un gallo nero da sacrificare in tuo nome ad Asclepio? O la sabbia di quel vasetto sparsa su questa lastra, sulla quale poi io soffi e pronunci magiche parole egizie o fenicie? O, se hai dolori in qualunque parte del corpo, vuoi esser unto con i miei unguenti miracolosi che fan tornare a vita in un attimo?
L. - Non darmela a bere: ? grasso di capra a cui hai dato questo nome!
A. - Come vorrai, e pure guarisce. O preferisci ti dica in qual citt? ? nato Omero, o quali statue avresti foggiato se ti fossi messo a far lo scultore, o quanti anni ti restano da vivere, o se la tua donna ti ? fedele? Tutto, tutto io posso dirti e all'animo tuo dare ogni consspevolezza.
L. - Oh, invero con poca fatica! E chiami questo una virt? e ti offendi se ti vien dato dell'impostore e vuoi la mia amicizia? Cos? spudorato sei dunque da farti bello dei tuoi delitti?
A. - Ecco, filosofuzzo amatissimo, dove t'inganni! Non delitti, ma benefici dovresti chiamarli. Infatti, lasciami tentar di persuaderti del mio pensiero. Tu sei tal filosofo tra cinico, epicureo, stoico e scettico, quale difficilmente saprei ascrivere a una scuola qualsiasi. Ad ogni modo, sei uno di coloro che voglion dire le cose come sono e non come dovrebbero essere, secondo quanto ha sentenziato un poeta, e vai cos? distruggendo ogni impostura, ponendo in un fascio Dei, filosofi, tiranni, ciarlatani, eroi, senza avvederti di recare in tal guisa agli uomini il maggior danno.
L. - Che vai dicendo? Se invece apro loro gli occhi alla verit? e tutti li dirigo sul sentiero della virt?!
A. - Del vizio, Luciano mio, solo del vizio, poich? la tua verit? s'appoggia alla ragione la quale non vorrai sostenermi sia la sola dominatrice dell'umana vita, l? dove vi son altre verit? che la ragione pu? osservare, senza per questo distruggerle e che s'appoggiano ad altri organi pi? efficaci della ragione.
L. - Ignorantaccio! Non sai dunque che lo spirito ? uno?
A. - So che la filosofia dice cos? e la vita opera altrimenti. Onde la filosofia ha torto. E guarda; se tu togli all'uomo una ragione superstiziosa che gli permette di sperare in se stesso, egli si volger? a credere buone le altre, o cercher? di sopraffarle, ci? che ? gi? accaduto, ma almeno sinceramente, con il sacro diritto della forza. Ora tu vuoi dire agli uomini la verit?. Male, io dico: ? sempre male dire la verit?, poich? essa asservisce tutti gli uomini alla tirannide di un sillogismo che ognuno comprende in grado diverso, l? dove gli stimoli dell'illusione, quanto quelli del sesso o del ventre, fanno tutti quanti gli uomini eguali dinanzi a un ideale, e anche pi? quelli del sentimento. E se la tua verit? spoglia le essenze oscure dalle fantasie con cui gli uomini hanno voluto significarle o mascherarle, non sar? essa abile a rendere un solo uomo pi? logico, o anche giungendo a tale, migliore.
L. - O bello, o bello! Dunque la verit? ? un pregiudizio?
A. - Come la virt?, come la libert?, come la giustizia, come ogni astrazione da rintracciarsi applicata nella pratica della vita. La verit? ha le gambe corte. Vuoi tu sostenere che gli Dei non sono? D'accordo, fra te e me, essi saranno stati inventati di sana pianta; ma, intendiamoci, inventati da una lunga generazione di uomini, i quali li hanno creati perfetti per l'illusione di tutti, e non con il cervello soltanto.
L. - Via, via, vuoi tornare alle facolt? dell'anima.
A. - E buttale via, se sei buono! Gli Dei son creazione dell'umanit? tutta intera e, a dire il vero, ingegnosa e tale da soddisfar per molto tempo ogni genere di mortali. Sei buono a trovare altrettanto?
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